La sua mission è aiutare le persone a vivere una vita felice e sana a 360°.
L’esercizio della gratitudine
La sua mission è aiutare le persone a vivere una vita felice e sana a 360°.
Chi ha detto che la psicologia è solo quella che si fa nelle aule di universitá, nello studio di un terapeuta o sui libri?
Il bello della psicologia è che appartiene ad ognuno di noi, tutti noi la usiamo, spesso senza nemmeno rendercene conto, ne siamo circondati e influenzati il piú delle volte senza neanche saperlo.
Un esempio?
La psicologia dei colori!
Perchè non farne buon uso pensando a come arredare casa?
Perchè non usare gli effetti psicologici dei colori per creare ambienti confortevoli, comodi e interessanti?
Utile?
Certo, ma soprattutto curioso e divertente!
Qui di seguito trovi tanti suggerimenti ed esempi per arredare casa con la psicologia dei colori.
Fonte:
http://freshome.com/2010/09/08/20-ways-to-use-color-psychology-in-your-home/
Oggi ho letto questa frase e mi sono venuti in mente gli studi del Dottor Emoto.
“Fa attenzione a come parli con te stesso perchè ti stai ascoltando”
Masaru Emoto ha fatto degli esperimenti molto belli sull’influenza che le emozioni e le intenzioni con cui pronunciamo le parole hanno sulla materia.
Ha esposto diversi bicchieri d’acqua a diversi tipi di musica e li ha congelati per osservare al microscopio la forma dei cristalli. I risultati che ha avuto sono stati emozionanti: si è reso conto che i cristalli dell’acqua esposta ad una musica dolce e rilassante avevano una bella forma armonica e simile ai cristalli di neve.
I cristalli dell’acqua esposta a musica pesante e rumorosa, come l’heavy metal ad esempio, assumevano invece forme molto brutte, storte e senza alcuna armonia.
Ha poi avuto l’idea di sottoporre l’acqua a diverse parole pronunciate con diverse intenzioni ed emozioni. Anche qui i risultati sono interessanti.
Ha chiesto ad alcune persone di pronunciare parole come “Grazie” e “Ti amo” e ad altre di pronunciare parole come “Ti odio”.
Ecco cosa ha ottenuto: l’acqua sottoposta a emozioni positive formava cristalli dalla forma bellissima e armoniosa,
al contrario i cristalli dell’acqua sottoposta a intenti negativi invece erano brutti e informi.
Emoto ha quindi scoperto che i cristalli dell’acqua reagiscono ai messaggi che ricevono modificando la propria struttura.
In un libro che ha scritto dopo le sue ricerche Emoto spiega in modo super dettagliato gli effetti che le parole hanno su di noi e sugli altri, spiega come applicare il principio che ha scoperto alla nostra vita quotidiana ottenendo benefici splendidi come avere relazioni più armoniose con gli altri, ristabilire la nostra salute e migliorare la nostra capacità di comunicazione.
Dicono di questo libro:
“Amore e gratitudine, due parole che dovrebbero essere sempre presenti nelle nostre vite. In questo libro Emoto ci spiega come fare, aiutandoci a comprendere, tramite l’osservazione dei cristalli, come possiamo fare del male a noi stessi con le nostre parole negative, e quando invece potremmo trarne benefici da quelle positive. […]Leggendo questo libro ho sentito dentro di me tanta pace e quello che secondo me era lo scopo dell’autore è stato ampliamente soddisfatto: infonderci tanta serenità, tante parole di speranza, di conforto. Grazie Emoto!”
Spesso siamo molto duri con noi stessi, non ce ne lasciamo passare neanche una e ci ripetiamo cose come “Sono un cretino”,”Lo sapevo che non potevo riuscirci”… Non consideriamo però l’effetto che le nostre parole hanno su noi stessi.
Ora, noi esseri umani siamo fatti al 70% d’acqua: dopo aver visto queste foto, secondo voi quanto influisce il modo in cui parliamo e ci rivolgiamo a noi stessi?
La prossima volta che vi verrà da essere duri con voi stessi ricordatevi di questi bei cristalli e dell’effetto che le vostre parole hanno sui voi stessi: rimproverereste mai un amico nel modo in cui rimproverate voi stessi?
Quando non riesco ad addormentarmi o qualcuno mi chiede un consiglio per combattere l’insonnia la cosa su cui mi focalizzo prima di ogni altra cosa è il respiro.
Ci sentiamo sempre dire di respirare quando siamo agitati, nervosi, tesi ma… diciamoci la verità: quanti lo fanno davvero?
Il più delle volte si pensa che sia il solito trucchetto psicologico per distrarsi e nel frattempo la tensione passa.
In realtà l’attenzione sul respiro è molto mooolto importante, tutti noi respiriamo ma chi lo fa in maniera consapevole? Non è forse una cosa automatica alla quale non pensiamo mai durante la giornata?
Spesso lo facciamo mentre facciamo altro, proprio perchè si tratta di una cosa automatica, come il battito cardiaco: non dobbiamo dare l’impulso al cervello per far battere il cuore, è un’attività involontaria.
Ma il fatto che sia involontario non vuol dire che non possiamo farlo in modo consapevole.
Portare l’attenzione sul respiro porta immediatamente ad uno stato di rilassamento.
Prova adesso ad esempio: fai 3 respiri profondi portando la tua attenzione sul punto in cui l’aria entra ed esce dalle narici, prenditi il tuo tempo…
Com’è stato?
Se lo hai fatto bene (senza barare) dovresti avvertire uno stato di relax che si irradia in tutto il corpo.
Questa sensazione di rilassamento è il motivo per cui il mio primo consiglio in caso di insonnia è respirare consapevolmente, facendo l’esercizio che hai appena fatto.
Ovviamente se sei teso da anni e anni e hai un’insonnia che ti fa dormire un’ora a notte ci vorrà un po’ di esercizio e pratica, dovrai insegnare al tuo cervello a rilassarsi e potrà volerci qualche giorno, forse settimane, ma ne vale davvero la pena.
Qualche giorno fa però ho letto l’articolo di un professore che ha trovato una tecnica ancora più efficace, sempre basata sul respiro, per addormentarsi nel giro di pochi minuti: essendo io una grande sostenitrice del potere del respiro, potevo non provarla?
Ebbene, devo dire che funziona anche meglio rispetto a quella che dei 3 respiri, è efficace e semplice da ricordare.
Eccola qui:
Noterai che andrai in uno stato di coscienza molto rilassato e piacevole.
Anche usando questa tecnica però, perchè gli effetti siano durevoli ed efficaci, è importante essere persistenti e costanti.
Il dottor Andrew Weil, medico, esperto di medicina alternativa e diffusore di questa tecnica di respirazione, insiste molto su quanto sia importante praticarla almeno due volte al giorno per otto settimane, per ottenerne i maggiori benefici
E’ un vero e proprio training per il corpo e per la mente che di questi tempi non si rilassano tanto facilmente.
La cosa bella poi è che questa tecnica per addormentarsi va benissimo anche per altre cose, come
La prossima volta che ti capiterà di essere agitato o di non riuscire a dormire prenditi 10 minuti per usare questa tecnica prima di reagire alla situazione.
Ti stupirai della chiarezza mentale e della calma che avvertirai.
E soprattutto, più addestri la tua mente a stare in uno stato calmo e quieto più la tua mente lo riconoscerà come lo stato naturale e, se la prima volta ti ci vorrà un’ora o più per calmarti, dopo un po di esercizio basteranno pochi minuti per ritrovare la calma e fermare i pensieri incessanti.
Buona respirazione a tutti <3
Tutti noi almeno una volta abbiamo fatto un pensiero negativo su noi stessi.
Io stessa fino a qualche tempo fa mi sentivo meno degli altri e avevo la sensazione che gli altri fossero migliori di me in molte cose.
Può essere che pensiamo di non essere abbastanza bravi, di non essere in grado di fare qualcosa, di non aver ottenuto abbastanza o di non avere ciò che serve per avere successo.
Magari stiamo attraversando un periodo difficile e lo rendiamo ancora più duro con dei pensieri tipo “Mi succede sempre così”, “Non sarò mai in grado di realizzare ciò che voglio”, “E ‘troppo difficile per me cambiare”, “Per gli altri è tutto più facile”.
Queste però sono tutte storie che ci raccontiamo nella testa, siamo in grado di superare qualsiasi sfida, se ci troviamo nella condizione di doverla affrontare allora vuol dire che in qualche modo possiamo farlo.
E ve lo dice una che negli anni passati non credeva che sarebbe mai riuscita a parlare con le persone senza essere in imbarazzo (e no, non era proprio compatibile con il lavoro da psicologa che avevo scelto) ed era convinta che tutti gli altri avessero una marcia in più e che quando stavano distribuendo il coraggio io stessi probabilmente pensando alle farfalle.
Di cose ne ho imparate negli ultimi anni e voglio condividerle perchè sono sicura che se ce l’ho fatta io ce la può fare chiunque legga questo articolo.
Ripenso a quando, appena finita l’università, decisi di prendermi un anno per capire cosa fare della mia vita.
Eppure quando finisci l’università dovresti aver già deciso che lavoro vorrai fare no?
Nell’indecisione generale, faccio la scuola di psicoterapia, faccio la psicologa, boh che faccio? Decisi di prendermi un anno e trasferirmi ad Amsterdam.
Tutto questo non senza un po’ di fifa.
Cosa farò quando sarò li?
Come farò a pagare le bollette, una casa e mantenermi?
Non parlavo nemmeno troppo bene l’inglese e nella mia mente iniziarono a comparire tutta una serie di scenari tragici e disastrosi, scenari in cui io non ce l’avrei fatta.
Ma lo feci lo stesso. Decisi di partire (con una valigia bella piena di paura).
Beh sai una cosa?
Una volta li incontrai tante cose di cui occuparmi, cose che però non erano neanche lontanamente presenti nelle mie preoccupazioni. E tutto quello che avevo pensato e di cui avevo paura non accadde neanche.
Trovai un lavoro, una casa, imparai l’inglese e ti dirò di più: ad Amsterdam ho fatto la mia prima esperienza da psicologa occupandomi di un bambino sospetto ADHD.
Anche li tanta indecisione insicurezza ma, memore dell’esperienza del trasferimento, mi son detta “Ok, ce la posso fare, e se non ce la faccio sarà comunque una bella esperienza”. E puf, spariti i pensieri negativi, spariti i fantasmi della mia mente.
Siate svegli nelle vostre scelte, sentite cosa volete fare e muovetevi in base a quella spinta vera, che viene da dentro non da fuori. E non lasciate che la vostra mente vi spaventi, ci proverà sempre ma siete voi in controllo, non lei.
Spesso ci sentiamo giù di morale perchè ci confrontiamo con gli altri e pensiamo cose come “Vorrei essere come lei” o “che fortunato che è!”.
Queste persone probabilmente staranno vivendo anche loro le proprie sfide quotidiane, anche se noi non lo vediamo.
Mentre noi ci focalizziamo su un solo aspetto delle loro vite, magari sul fatto che hanno successo nel loro lavoro, c’è tutta una parte di storia che non sappiamo e non è che essere loro ci renderebbe immediatamente felici.
Per non parlare del fatto che non si tratta di ottenere successo, felicità, soldi, bensì di permettere a noi stessi di essere chi realmente siamo.
Per fortuna in questo mondo siamo tutti diversi, ognuno con il proprio viaggio.
E non è meglio apprezzare ciò che si ha piuttosto che guardare a ciò che non si ha?
Quante volte abbiamo voglia di fare la differenza ma pensiamo di essere troppo piccoli o incapaci per aiutare a cambiare il mondo?
Finchè non accettiamo che, non importa quanto grandi o piccole siano le nostre azioni, possiamo comunque fare la differenza, saremo sempre assediati da questo bisogno di fare qualcosa, cambiare qualcosa.
A volte un semplice gesto gentile può avere un impatto inimmaginabile su una persona, anche se noi non ne siamo consapevoli.
Magari è aiutare una persona in difficoltà con una ruota a terra, magari è raccogliere dalla strada un gattino indifeso o dedicare un’ora del tuo tempo ad ascoltare un amico: gesti che sembrano di poca importanza a noi ma che davvero possono fare la differenza.
Lo dice anche il Dalai Lama:
Non sottovalutare il tuo potere individuale (e neanche quello delle zanzare!).
“Quando avrò finito l’università allora finalmente avrò un lavoro e sarò tranquillo!”
Quante volte lo abbiamo pensato o sentito?
E’ un circolo vizioso che inizia quando guardiamo la situazione in cui ci troviamo e pensiamo che non sia buona abbastanza.
Abbi fiducia in ciò che stai facendo, in te stesso e nel posto in cui sei.
Ciò non significa che non possiamo agire per modificare la situazione in cui siamo, semplicemente il punto di partenza è un altro: non più “Qui non sto bene, devo scappare” bensì “ok, da dove posso cominciare per migliorare la mia situazione?”.
Il più delle volte la parte più bella è il viaggio, non la meta 😉
La pace e la felicità sono una condizione interna, non arrivano da fuori.
Ci intrappoliamo nella ricerca della felicità all’esterno, credendo che se facciamo questo e quest’altro allora si che saremo felici e in pace.
Non è così: la pace viene da dentro, se non plachiamo l’anima e la mente, le situazioni di benessere saranno solo apparenti, la vera felicità non ha a che fare con ciò che facciamo, è uno stato dell’essere.
Questa è una cosa molto comune.
Sembra quasi che siamo abituati al fatto che, quando qualcuno ci chiede cosa stiamo facendo nella nostra vita o come ci sentiamo, le prime parole a uscire dalla nostra bocca siano qualcosa di negativo su noi stessi. Fateci caso!
Farlo non serve a nulla, anzi!
Se non amiamo noi stessi, come possiamo pretendere che gli altri ci amino.
Per non parlare del fatto che ripetersi cose negative sul proprio conto fa si che, ad un certo punto, ci si creda senza questionare il perchè.
Ti capita di farlo?
Se si inizia osservando quanto spesso lo fai e fai un piccolo sforzo per fermarti prima di iniziare la prossima volta.
E se ti capita di farlo senza rendertene conto, l’importante è realizzarlo e SCEGLIERE consapevolmente di parlare a te stesso con più compassione.
Una cosa che chiedo sempre ai miei clienti è “Parleresti mai a un bimbo piccolo come parli a te stesso?”.
Tante volte ci facciamo prendere dall’idea che, se facciamo qualcosa ( che sia una laurea, un lavoro, un credo religioso, ecc.), allora avremo più valore.
Di conseguenza se NON facciamo quella cosa o NON raggiungiamo un certo obiettivo, ci sentiamo inutili o non abbastanza.
Ecco una verità da ricordare sempre e per sempre: Tu Non Sei Ciò Che Fai.
Certo, è bene essere soddisfatto di te stesso se hai fatto qualcosa di grande ma far si che questo qualcosa diventi parte della tua identità non è salutare.
Allo stesso modo, il NON fare qualcosa non ti rende migliore o peggiore.
Se stai aspettando di fare qualcosa per sentirti OK, per sentirti abbastanza, guarda che potresti aspettare anche tutta la vita!
Il sentirsi OK non viene dal fare ma dall’essere.
Ricorda: sei ok così come sei (questa realizzazione mi ha aiutata molto nel mio percorso di crescita personale).
Questo è un consiglio che mi fu dato parecchio tempo fa e di cui ho fatto tesoro: prenditi un attimo per pensare a te, a come sei realmente.
Anzichè focalizzarti su quanto ancora non hai raggiunto, su quanto non sei felice nella situazione in cui sei, su quanto vorresti cambiare, pensa a tutto ciò che di buono hai fatto e raggiunto.
Perchè continuare a tenersi stretta quella sensazione di non essere abbastanza?
Dopodichè, se stai vivendo una situazione che non ti piace, chiediti come puoi cambiarla, sfida te stesso per esplorare e trovare le risposte.
Imparerai molto su di te e su quello che puoi fare.
Quello che voglio trasmettere è che è il tuo sistema di credenze che crea la realtà in cui vivi.
Tu diventi ciò che credi di essere, se credi di non essere Ok così come sei, stai sicuro che la vita te lo confermerà.
So che per come vanno le cose sembra il contrario, sembra che ciò che ci succede definisca le nostre vite. Non è così, tutt’altro!
Se credi di essere troppo timido per parlare davanti a un pubblico, quando ti si presenterà l’occasione sarai talmente convinto di non poterlo fare che, indovina un po’? non ce la farai, balbetterai, diventerai rosso e via dicendo.
Ti starai confermando le tue credenze.
Come fare per cambiare tutto questo?
Cambia dall’interno, modifica le tue credenze e la tua vita sarà uno specchio di ciò che credi di essere.
Il mio consiglio è di provare per 30 giorni, prendi una credenza che ti riguarda e per 30 giorni, modificala, osserva quando compare e proprio in quel momento sostituiscila con ciò che vorresti che fosse.
Alla fine dei 30 giorni ti accorgerai che è cambiato davvero qualcosa nella tua vita e non potrai fare a meno di continuare a farlo
Una ragazza che seguo da qualche tempo in un percorso di crescita personale era disperata perchè tutti le persone intorno a lei sapevano cosa fare della propria vita e lei no. Tutti avevano un sogno nel cassetto, lei invece alla domanda “cosa ti piacerebbe fare nella vita” vedeva solo un buco nero.
Lavorando insieme abbiamo scoperto che non era vero che non aveva un sogno nel cassetto, piuttosto ogni qual volta pensava di voler fare qualcosa non si sentiva abbastanza capace o intelligenze e, inconsciamente, mollava in partenza. In pratica era più facile raccontarsi di non avere un sogno piuttosto che affrontare la possibilità di un fallimento.
Non è la prima volta che mi imbatto in una cosa simile e non mi vergogno a dire che io stessa ci sono passata, ci ho messo tempo a capire che sono Ok cosi come sono e che se ci si impegna i risultati arrivano.
Tante persone vivono una situazione simile. Come mai?
Eppure da bambini tutti abbiamo grandi sogni, grandi obiettivi, ve lo immaginate un bambino di 4 anni che si chiede se ce la farà o meno a diventare il più grande calciatore del mondo?
Deve esserci qualcosa che negli anni mette a questi bambini la famosa pulce nell’orecchio e insinua il dubbio di non essere abbastanza capaci, abbastanza intelligenti o semplicemente abbastanza.
Questo qualcosa è il modo in cui veniamo cresciuti, il modo in cui riceviamo l’educazione e gli insegnamenti, in casa ma soprattutto a scuola. Il modo in cui si insegna ai bambini ad affrontare un fallimento, come un brutto voto a scuola, determina il modo in cui imparerà ad affrontare non solo i fallimenti più grandi da adulto ma anche le situazioni che richiedono impegno.
C’è una docente di psicologia dell’università di Stanford, Carol Dweck, che ha dedicato tutta la sua vita a studiare perchè alcune persone hanno successo e altre no, a capire quali sono gli elementi che fanno si che una persona riesca a realizzare i propri obiettivi mentre altre no.
Di recente ha portato avanti uno studio in cui ha chiesto ad alcuni bambini di 10 anni di risolvere un problema un po’ troppo difficile per la loro età: ha trovato che alcuni si sono impegnati di più di fronte alla difficoltà, dicendo cose del tipo “mi piacciono le sfide“, altri invece si sono scoraggiati , dicendo che la prossima volta avrebbero imbrogliato anzichè studiare di più e cercando qualcuno che avesse fatto peggio per sentirsi meglio.
Ha concluso che ci sono due attitudini diverse di fronte ai problemi: i bambini che si sono impegnati lo hanno fatto perchè sapevano che impegnandosi potevano sviluppare le proprie abilità, quelli che invece hanno mollato subito erano convinti che quel test avesse giudicato la loro intelligenza che considerano fissa, non incrementabile.
Queste due diverse attitudini sono chiamate mentalità di Crescita e mentalità Fissa.
Chi ha una mentalità fissa crede che la propria intelligenza e il proprio cervello non possano crescere, quindi l’intelligenza e il cervello che ho adesso sono quelli che avrò per sempre. Di conseguenza non si impegnano per imparare, non sono interessati ad apprendere ma ad avere una conferma del loro essere intelligenti, non amano il fallimento e cercano sempre attività che non siano rischiose, perchè il fallimento sarebbe una non conferma della loro intelligenza. Studenti con mentalità fissa sono più portati a cercare compiti meno difficili, imparano solo per avere buoni voti e non crescono.
Gli studenti con una mentalità di crescita invece vogliono imparare, cercano sempre compiti piu complessi per apprendere e chiedono un feedback in modo da capire dove possono migliorare perchè credono che le loro capacità intellettuali possono svilupparsi.
Chi ha una mentalità di crescita non si spaventa di fronte agli errori perchè sono opportunità per crescere e le ricerche mostrano che queste persone stanno meglio nel corso della vita, sono più ottimiste e hanno migliori risultati.
La cosa fantastica è che gli studiosi non si sono fermati quando hanno trovato queste diverse attitudini ma hanno studiato anche cosa succede nel cervello di entrambi i tipi di persone:
O hai riconosciuto tuo figlio?
Se ti sei riconosciuto nella mentalità di crescita sarai contento, un po’ meno se invece hai riconosciuto qualche tratto di mentalità fissa…
Buone notizie però, perchè gli studi sui diversi tipi di mentalità non si limitano a individuarle ma spiegano anche come sviluppare una mentalità di crescita sia partendo da zero (nel caso dei bambini) sia partendo da uan mentalità fissa.
La mentalità (fissa o di crescita che sia) è una caratteristica che non è presente alla nascita ma si forma in base alle esperienze che il bambino vive e al modo in cui gli adulti interagiscono con lui.
E siccome la famiglia e la scuola sono gli ambienti in cui i bambini trascorrono più tempo, molte delle influenze che determinano che tipo di mentalità avranno derivano da li.
Il modo in cui i genitori e gli insegnanti parlano e si relazionano ai bambini determina il tipo di mentalità che svilupperanno, non mi stancherò mai di dire che è super – stra – mega – importante per un educatore sapere in che modo le sue parole e atteggiamenti influiscono sul bambino.
Facciamo un esempio, una cosa che succede in tutte le case, un figlio che torna a casa con un buon voto.
Matteo torna a casa con un 9 in matematica, il suo papà gli dice “Bravo matteo, hai preso 10, sei davvero intelligente, tutto il papà!”Giusto vero? premiare Matteo per il buon voto è ciò che un bravo genitore dovrebbe fare.
Sbagliato! e vi spiego perchè.
Capiterà (perchè capita sempre) che Matteo torni a casa con un 5 italiano… cosa succede nel cervello del ragazzo? Succede questo” Quando ho preso 10 papà mi ha detto che ero davvero intelligente, ora ho preso 5, devo essere proprio stupido…”
Cosa sarebbe successo invece se il papà di Matteo avesse reagito diversamente? Ad esempio:
“Bravo Matteo, hai preso 10, devi aver studiato sodo, sono fiero di te”.
Al momento del 5 in italiano nella testolina di Matteo scatterà questo pensiero “Quando ho peeso 10 papà mi ha detto che bravo perchè ho studiato tanto, ora ho preso 5, deve essere perchè non mi sono impegnato, mi impegnerò di più la prossima volta”.
Visto che differenza? Cambiando il modo in cui si premia un bambino si ottengono effetti completamente diversi. Nel secondo caso il papà ha premiato Matteo per lo SFORZO, non per l’intelligenza, e questo ha fatto si che nella mente del ragazzo si sviluppasse un’idea più sana che lo porterà probabilmente a sviluppare una mentalità di crescita “Se mi impegno, ci riesco”.
Il motivo per cui una mentalità fissa prende il sopravvento è perchè i bambini imparano dagli adulti come reagire alle cose e se un genitore o un insegnante non sa che premiare lo sforzo anzichè l’intelligenza ha un peso così importante nella vita di un ragazzo, non potrà insegnarglielo.
A proposito, consiglio questo libro per capire come funziona la mente del bambino, è fatto molto mooolto bene.
E’ pieno di istruzioni pratiche per le mamme e papà per aiutarli a far crescere il proprio figlio sano, felice intelligente.
Guardando la realtà delle scuole di oggi mi rendo conto però che stiamo educando bambini ossessionati con ottenere 10 al prossimo compito di matematica e non interessati a crescere e migliorare, bambini che non sanno guardare più in là e sognare in grande perchè il loro più grande obiettivo è sempre il prossimo punteggio del test che confermi o meno la loro intelligenza.
Le scuole oggi stanno formando bambini che hanno una costante esigenza di approvazione e validazione esterna che li accompagnerà poi nel corso della vita. Stanno formando futuri adulti con mentalità fissa, anzichè di crescita.
E quando ne parlo spesso mi sento rispondere “e ma che vuoi farci? non è che si può cambiare il sistema scolastico dall’oggi al domani”. Sembra quasi che sia una cosa difficilissima essere degli esempio per i bambini e ricoprire il ruolo che un educatore (sia esso un genitore o un insegnate) dovrebbe ricoprire, quello cioè di preparare i bambini alla vita.
E’ proprio qui che viene fuori quello che sostengo da sempre, che la psicologia non è solo quella sui libri o negli studi ma soprattutto quella che si applica ogni giorno, nella vita quotidiana.
Applichiamola quando ci rivolgiamo ai bambini e farà davvero la differenza.
Proprio ieri leggevo di una scuola superiore a Chicago dove gli studenti che non superano un test non ricevono un voto negativo bensì un “Non ancora”. Questa strategia ha dato ottimi risultati, le medie di tutta la scuola si sono alzate e le interviste agli studenti mostrano che quel NON ancora ha dato loro la possibilità di sentirsi all’interno di una curva di apprendimento, per la serie “non ci sono ancora ma so che sto lavorando per arrivarci”.
Ci sono poi altri modi per indirizzare i bambini verso un percorso di crescita e sviluppo delle proprie capacità. Alcuni scienziati hanno creato ad esempio un gioco di matematica che premia la strategia e i progressi. Di solito invece i giochi di matematica premiamo i risultati ottenuti li per lì, se risolvi il problema ottieni punti, altrimenti no. In questo gioco invece viene premiato il processo.
Utilizzando questo gioco in alcuni studi, gli studiosi hanno ottenuto più impegno e più strategie per periodi di tempo più lunghi e più perseveranza nei problemi difficili.
Tutti questi studi che stanno emergendo sono fantastici perchè mostrano due cose molto importanti.
In uno studio bellissimo la dottoressa Dwek ha spiegato ad alcuni studenti che ogni volta che si spingono fuori dalla loro zona di comfort per imparare qualcosa di nuovo e difficile, i neuroni nel loro cervello formano nuove connessioni, più forti, e con il tempo si diventa più intelligenti.
I risultati sono stati sorprendenti: gli studenti a cui non è stato spiegato il potere della mentalità di crescita hanno continuato ad avere voti scarsi e nessuna crescita mentre coloro ai quali è stato insegnato che se si impegnano diventano davvero più intelligenti hanno ottenuto voti sempre più alti.
Altri studi condotti dalla dottoressa Dweck hanno mostrato che in un anno una classe di scuola materna di Harlem, New York, si è piazzata nel 95 ° percentile dei test nazionali.Molti di quei ragazzi non sapevano nenache tenere una matita in mano quando sono arrivati a scuola.
In un anno, una classe al quarto anno nel South Bronx, completamente in ritardo su tutti i livelli, è diventata la numero uno nello stato di New York al il test di matematica di stato.
In un anno a un anno e mezzo, gli studenti nativi americani di una scuola nella riserva indiana sono passati dall’ultimo posto in classifica al primo del loro quartiere, e quel quartiere includeva tutte le sezioni più numerose di Seattle.
Questi risultati sono stati ottenuti perchè a questi ragazzi è stato mostrato come impegnandosi il loro cervello crea nuove connessioni e li rende più intelligenti.
Il semplice fatto di saperlo ha fatto si che abbiano trovato la motivazione per impegnarsi.
Ora, questo discorso va benissimo per i bambini ma non dimentichiamo gli adulti.
Tante persone hanno la convinzione profonda di non potercela fare, che ormai non si possa più migliorare e che non si possa diventare più intelligenti ma queste scoperte insieme ai nuovissimi studi su come il cervello si modifica in base a ciò che facciamo servono proprio a far si che ci si renda conto del contrario.
Il cervello è come un muscolo, più si fa esercizio e più forte diventa. Ogni volta che ci si sforza per imparare qualche cosa di nuovo, il cervello crea nuove connessioni che, nel tempo, ci rendono più intelligenti.
E non c’è filosofia hippie o new age che tenga, non c’è credici e ce la farai nè buga buga dietro queste affermazioni. Gli studi lo dimostrano e questo secondo me è il grande potere delle scienze che studiano l’essere umano.
Avere una mentalità di crescita vuol dire ricordarsi che non c’è bisogno di essere perfetti quando si inizia una cosa e che più ci si impegna più si diventa competenti: l’eccellenza non è un talento ma un’abitudine.
A chi non è capitato di avere momenti, giorni, mesi o anni in cui ci si è sentiti giù di morale e depressi?
Molto spesso questi momenti ci fanno cadere in spirali di auto sabotaggio, solitudine, insicurezza e ci fanno vivere un senso di fallimento nella vita, come se i nostri sforzi non stessero servendo a nulla.
Nella mia esperienza mi è capitato spesso che, durante un percorso di sviluppo personale con un paziente, quest’ultimo mi abbia detto che aveva la sensazione di non stare andando da nessuna parte o addirittura di stare regredendo.
In questi casi dico sempre loro che hanno fatto davvero tanto lavoro e di apprezzarsi un po’ di più per tutti gli sforzi che hanno fatto. E lo dico perchè ci credo veramente, non è un modo per rassicurarli.
Spesso infatti siamo così impegnati a risolvere problemi, a combattere contro una mamma troppo critica, a focalizzarci su quella relazione che proprio non va che ci dimentichiamo di fermarci ad apprezzare le piccole vittorie che abbiamo raggiunto, i piccoli grandi risultati che abbiamo ottenuto.
Fermiamoci un attimo e rendiamoci conto che vivere è già di per sè un gran lavoro. Vivere non è una cosa facile ma può essere bellissimo se cominciamo a focalizzarci sul positivo anzichè concentrarci su tutto ciò che va male.
Per questo mi è piaciuto moltissimo un articolo che ho trovato online su MindBodyGreen che elenca i 25 segni che indicano che stai avendo successo nella vita, anche se non ti sembra così o addirittura ti sembra di fallire.
Sei Ok nella vita se:
1. Nelle tue relazioni c’è molto meno dramma di quanto non ce ne fosse in passato
2. Non sei economicamente dove vorresti ma senti che la tua vita è ricca
3. Non hai paura di chiedere aiuto e sostegno
4. Ti senti a casa nel posto in cui vivi
5. Hai alzato i tuoi standard e non ti sottovaluti
6. Hai lasciato andare pensieri, emozioni, persone e situazioni che ti facevano soffrire
7. Hai dei momenti in cui apprezzi ciò che vedi nello specchio
8. Stai lavorando sul limitare il tuo Io interiore che ti critica e stai scegliendo consapevolmente pensieri più positivi
9. Hai imparato che cadere e fallire fanno parte del percorso di crescita.
10. Hai intorno a te persone che farebbero qualsiasi cosa per te
11. Senti spesso le parole “ti amo” e “ti voglio bene” da amici, familiari e partner
12. Hai accettato ciò che non si può cambiare ma hai cambiato ciò che non puoi accettare
13. Non ti lamenti dei problemi, piuttosto ti concentri sulle soluzioni
14. Non dai la colpa ai tuoi genitori, li accetti per quello che sono
15. Hai smesso di preoccuparti di ciò che gli altri pensano di te
16. Sei felice per i tuoi ex quando vanno avanti nella vita e trovano la felicità
17. Sai celebrare i successi altrui
18. Permetti a te stesso di sentire i tuoi sentimenti e sei a tuo agio nel condividerli
19. Stai seguendo le tue passioni
20. Sei in grado di accettare i complimenti senza sviare l’argomento
21. Hai cose che non vedi l’ora di fare
22. Hai raggiunto degli obiettivi che ti eri posto
23. Provi empatia per gli altri
24. Ti senti connesso al lavoro che fai
25. Ti permetti di amare ed essere amato così come sei
Per un attimo possiamo distogliere lo sguardo da tutto ciò che non va nella nostra vita e focalizzarci sui risultati positivi che abbiamo ottenuto?
Sembra una cosa da nulla ma, credetemi, fa davvero la differenza.
Personalmente non sono una grande fan del pensare positivo a tutti i costi, credo che farlo incondizionatamente non sia molto diverso dal pensare solo negativo: ci si fossilizza su un aspetto soltanto della realtà sopprimendo e facendo finta di non vedere tutto il resto. Che poi, inevitabilmente, torna sempre a galla.
Sono però una grande sostenitrice dell’usare il pensiero positivo come uno strumento.
Mi spiego: quando siamo giù di morale è come se ci trovassimo in una bolla e tutto ciò che abbiamo intorno lo guardiamo da lì dentro, con quel filtro di negatività e insicurezza.
Osservare quanto di buono abbiamo ottenuto ci consente di uscire per un attimo da quella bolla e guardare tutto con una prospettiva diversa.
E’ questo secondo me è il potere del pensiero positivo, non si tratta di far finta che i problemi non ci siano bensì di guardare anche all’altro lato, quello luminoso e pieno di successo.
Provaci, anche solo per una volta, e osserva cosa cambia.
C’è una domanda che le persone mi fanno spesso, il che mi fa pensare che sia un argomento che sta a cuore a molti:
Ma perchè sto sempre pensando a qualcosa?
e di conseguenza
Come faccio a smettere di pensare?
La risposta alla prima domanda è abbastanza semplice: la natura della mente è di non risposarsi MAI e pensare costantemente.
La mente passa da un pensiero all’altro dal mattino alla sera senza fermarsi.
La maggior parte di questi pensieri non sono esattamente pensieri che normalmente faremmo, arrivano da qualche parte, attirano la nostra attenzione per un po’ e poi scompaiono, lasciando spazio ad altri pensieri. E cosi via.
I pensieri sono un po’ come le nuvole che si muovono in cielo. Non sono permanenti, vanno e vengono in continuazione e proprio per questo loro movimento continuano ci distraggono, sono interessanti e affascinanti.
La mente sta sempre pensando e analizzando qualsiasi cosa con cui venga in contatto, ama ragionare, paragonare, fare domande e in questo modo è costantemente attiva.
Eckhart Tolle a questo proposito dice:
“Proprio come il cane ama masticare l’osso, la mente umana ama i suoi problemi”
Perchè pensare è BELLO.
Ci piace pensare, perderci nell’immaginazione, prospettarci vari scenari e anche rimuginare su cosa già successe.
Pensare è una vera e propria dipendenza, scatena endorfine e visto che lo facciamo da quando abbiamo circa 5-6 anni, non è facile non cedere alla tentazione di una bella oretta persi nei pensieri, vagando qua e la nei meandri della nostra mente.
Inoltre, alla lunga pensare è diventato un automatismo.
Mi spiego meglio.
Non è che, ogni volta che ci si presenta una situazione, ci fermiamo un attimo e diciamo a un determinato pensiero “ok vieni” e ad altri “no, vai via”.
E’ un’operazione automatica che la mente fa e che si è evoluta nel corso della nostra vita e, prima ancora, nel corso dell’evoluzione.
La mente infatti nasce come strumento, si è evoluta nel corso dei millenni ed è comparsa nella nostra evoluzione quando, da scimmie felici che saltavano sugli alberi mangiando banane, abbiamo avuto la necessità di iniziare a risolvere problemi.
Grazie al ragionamento, all’analisi e alle diverse facoltà mentali l’uomo è diventato capace di risolvere problemi, fare calcoli, ragionamenti complessi, deduzioni, ecc. E fin qui va tutto bene.
Il problema però è che abbiamo dimenticato la natura della mente, il fatto cioè che si tratta di uno strumento e che in quanto tale dovremmo essere noi ad usare lei, non viceversa.
E si, perchè la maggior parte delle volte ci sentiamo risucchiati dalla nostra mente persa in pensieri che non riusciamo a fermare e quindi non siamo noi in controllo.
Questo è quello che mi chiedono quasi tutti quando spiego loro cosa sia la mente.
E’ molto facile fraintendere e credere che per stare bene ed essere felici bisogna liberarsi della mente.
Non voglio che pensiate che la mente sia una cosa brutta e cattiva di cui liberarci, anzi!
Ciò che bisogna fare è re-imparare ad usarla come strumento quando ci si prospetta un problema e dobbiamo ragionare, calcolare, ecc., e il resto del tempo lasciarla in uno stato di quiete e pace, senza pensieri indesiderati.
Normalmente l’attività mentale occupa la nostra attenzione costantemente perchè siamo prima focalizzati su un pensiero e subito dopo su quello successivo, senza una pausa.
Usiamo un sacco di energie cosi, pensando pensieri che per la maggior parte sono inutili e non importanti.
Si tratta proprio di una mancanza di libertà: è come se ci fosse qualcuno che ci mette davanti dei pensieri in continuazione e noi dobbiamo focalizzare si di essi la nostra attenzione, senza essere liberi di fare altro.
E’ un po’ come avere un capo che ti da dei compiti da fare costantemente.
L’unico modo in cui possiamo di nuovo sentirci liberi internamente è imparare a scegliere i nostri pensieri o meglio ancora a placare la mente.
Siamo liberi se riusciamo a stoppare il flusso incessante di pensieri.
Starai pensando “Eeee la fai facile tu, ma come faccio a farlo? A me i pensieri vengono e non c’è modo di stopparli”.
Sembra difficile è vero ma solo all’inizio, perchè per anni e anni ci siamo lasciati guidare dalla nostra mente e cambiare un’abitudine all’inizio è sempre un po’ impegnativo, ma la buona notizia è che si può fare con un po’ di esercizio.
Un po’ come smettere di bere caffè: i primi giorni sembra impossibile sopravvivere o anche solo alzarsi dal letto senza, poi se si è costanti e persistenti diventa sempre più facile finchè un giorno trascorreremo tutta la giornata senza neanche la voglia del caffè.
Tornando ai pensieri, si possono fare degli esercizi di concentrazione, ci sono delle tecniche che si possono usare e anche la meditazione è perfetta per acquietare la mente.
Di tecniche e trucchetti vari ne esistono parecchi.
Queste tecniche sono valide ma sono utili soprattutto nelle situazioni specifiche, se ci troviamo in una situazione in cui ci sentiamo assaliti dall’ansia e dai pensieri, questi sono ottimi trucchetti.
Se invece vogliamo proprio rieducare la mente ad uno stato di quiete e calma (che è poi il nostro stato di base naturale) allora una pratica super efficace è quella del self inquiry (o auto indagine).
Funziona così: quando arriva il pensiero chiediti “A chi è sorto il pensiero?”.
La risposta che viene spontanea è “a me”.
Chiediti quindi “Chi sono Io?”.
In questo modo la mente sarà riportata alla sua sorgente, perchè al di là di tutti quei pensieri c’è sempre un osservatore che li percepisce, l’io.
Se sei colui che sta osservando la mente non puoi essere contemporaneamente anche la mente… giusto?
Quello che succede quando si usano le tecniche di cui ho appena scritto o il self inquiry è che piano piano la mente capisce che stare in silenzio e nella quiete è più bello che essere trascinata a destra e a manca.
Il punto non è non avere pensieri, il punto è ritornare a quello stato di osservatore che osserva i pensieri arrivare e andare via, senza attaccarsi a quel pensiero.
Come quando guardiamo un film, vediamo delle scene toccanti ed emozionanti ma sappiamo che finito il film passerà anche quell’emozione e i pensieri che ha prodotto.
Ve lo immaginate di tenervi stretti i pensieri e le emozioni che un film vi ha lasciato per ore, giorni, mesi e anche anni?
E’ esattamente questo che facciamo con i pensieri, ecco perchè rieducare la mente a stare in pace è così utile.
Un po’ come la metafora di prima del cielo: le nuvole vanno e vengono, passano nel cielo, ma non si fermano li per sempre.
Allo stesso modo è una mente quieta e calma, vede passare i pensieri davanti a se ma non allunga la mano per afferrarne uno e attaccarsi.
Se ti capita di avere un po’ d’ansia quando ti perdi nei pensieri o hai difficoltà ad addormentarti perchè ti arrivano troppi pensieri e non riesci a fermarne il flusso questo articolo è quello che ti ci voleva.
E se adesso stai pensando “ma chissà se funzionerà…” sappi che anche questo è un pensiero e in quanto tale puoi lasciarlo andare così com’è e provare lo stesso, ne vale la pena!
Scommetto che almeno un attimo ti sei fermato a pensare e hai ricordato una volta in cui ti è successo…
Spesso viviamo la vita come se avessimo tutto il tempo del mondo.
“Lo faccio domani”, “Preferisco stare a casa oggi”, “Ma figurati se cambia qualcosa”, sono tutte frasi che diciamo e sentiamo molto spesso.
Eppure ci sono delle cose che con il senno di poi ci sarebbe piaciuto tanto fare.
Una cosa che mi chiedo sempre quando devo prendere una decisione è:
“Meglio rischiare e fallire o non rischiare e pentirsi di non averci provato?”
La risposta è quasi sempre la prima, tante volte mi sono ritrovata a pentirmi di non aver fatto qualcosa e non avere più la possibilità di farlo.
Questo vale sia per la gioventù sia per la vita adulta.
Quando si è giovani spesso ci si lascia sfuggire delle occasioni perchè si ha paura di fallire o perchè si crede di avere tutto il tempo del mondo.
In un batter d’occhio ti ritrovi ad essere adulto e a non poter più fare quelle “pazzie” e a rimpiangere di non avere fatto quel viaggio quando ne avevi la possibilità, di non esserti divertito di più a scuola, di non aver fatto quella ragazzata che ti avrebbe lasciato un ricordo con cui ridere per tutta la vita.
Ecco perchè ho voluto raccogliere qui 20 fra le cose che le persone vicine alla fine della propria vita rimpiangono di non aver fatto.
Sono stra-convinta che uno dei modi migliori per crescere sia osservare chi ha già fatto esperienza, imparare dai loro errori e dai loro successi senza avere la presunzione di essere più in gamba per cadere in certi errori o che non possano succederci di certo le stesse cose.
Non è mai troppo tardi per cambiare la propria vita, anzi! Se ci si rende conto che non si è felici la prima cosa da fare è chiedersi come possiamo migliorare la nostra situazione, che abbiamo 20, 30, 40 o 90 anni!
Questa lista può essere una specie di vademecum, possiamo imparare da chi ci è già passato e con il senno di poi non farebbe gli stessi errori.
La vita è una, viviamola al meglio che possiamo 🙂
Quando sono in fila alla cassa al supermercato osservo spesso le famiglie davanti a me con i loro bambini, alcuni urlano, altri rimettono i prodotti nel carrello dopo che i genitori li hanno messi sul rullo, altri ancora corrono come pazzi fra le corsie dando il via ad inseguimenti e sguardi imbarazzati dei genitori e mi chiedo: come mai questo bambino si sta comportando così?
Perchè sta cercando attenzioni?
E come può fare questa mamma dalle occhiaie versione panda a fare la spesa in tranquillità godendo della compagnia dei figli senza correre loro dietro?
Perchè vi racconto questo?
Perchè credo che tutta quella parte della psicologia che ha a che fare con lo sviluppo dell’essere umano sia semplicemente magica, affascinante.
La maggior parte delle mie ricerche personali studiano questo meccanismo bellissimo che è l’evoluzione della persona, capire perchè un bambino felice è più probabile che diventi un adulto di successo, cosa influenza la crescita di una persona in una direzione piuttosto che in un’altra e di conseguenza cosa possiamo fare (come genitori e professionisti dell’educazione) per aiutare i bambini a crescere felici ed equilibrati.
Ovviamente i genitori hanno un ruolo molto importante nella crescita di un bambino ma in questo articolo vorrei soffermarmi su un altro elemento che ha un’influenza fortissima: la scuola.
La scuola è uno dei luoghi che i bambini frequentano per la maggior parte del tempo: dai 6 anni in poi hanno davanti almeno 13 anni di scuola durante i quali il bambino sta formando non solo la sua conoscenza del mondo ma anche la sua personalità e ponendo le basi per la sua attitudine verso la vita, verso il problem solving, capacità di affrontare lo stress, sensazione di sentirsi bene e soddisfatto e raggiungere i propri obiettivi.
Ora, la prima parte è ben coperta dalla scuola, istruzione e cultura sono fornite abbondantemente e gli argomenti trattati sono abbastanza vasti.
Ma gli altri aspetti? quelli che riguardano il sentirsi bene, l’essere soddisfatti, il sentire di essere sulla strada giusta per fare ciò per cui ognuno di noi sente di essere nato?
Sempre di più mi sembra che la scuola coltivi abbastanza il lato “tecnico” della cultura e dell’imparare e quasi per niente tutto l’aspetto più umano, di crescita e auto conoscenza della persona. E questo non stupisce se si pensa che le scuole sono basate su un modello abbastanza antiquato di trasmissione delle informazioni uguale per tutti che tralascia completamente tutte le differenze tra bambino e bambino, la creatività del “cervello destro” e i diversi stili di apprendimento.
ATTENZIONE: Ci tengo tanto a precisare che questo articolo non vuole puntare il dito contro gli insegnanti, anzi! Troppo spesso hanno le mani legate e non possono fare ciò che vorrebbero perchè devono rispondere a direttive dall’alto. quando parlo di scuola in questo articolo mi riferisco all’istituzione in se.
Questo perchè la scuola non è cambiata quasi per nulla da quando è nata, oggi nel 2015 il metodo di insegnamento è quasi lo stesso di 40 anni fa. Come conseguenza di questa impostazione vecchia e antiquata molti bambini e ragazzi, soprattutto quelli delle ultime generazioni, vengono etichettati come svogliati, scansafatiche, a volte anche poco svegli perchè sembrano non capire le cose, essere distratti e non aver voglia di fare nulla.
Ricordo che mia sorella veniva ripresa sempre dalla sua professoressa perchè “scarabocchiava” durante le sue lezioni; nonostante avesse più volte detto alla docente che era comunque attenta alle sue parole, un giorno la professoressa dopo l’ennesimo rimprovero le ha chiesto di dirle di cosa stesse trattando la lezione. Mia sorella ha saputo esattamente spiegare tutto ciò che la professoressa aveva detto fino a quel momento, nonostante avesse disegnato tutto il tempo (immaginate la faccia della professoressa…).
Cosa era successo?
La risposta è molto semplice: siamo tutti diversi, alcune persone acquisiscono le informazioni meglio se stanno molto attenti, altre invece le assimilano nel migliore dei modi se danno sfogo al loro emisfero destro creativo.
La scuola però oggi è improntata su un modello che non è mai stato cambiato negli ultimi 40 anni, anche i nostri genitori andavano in aula, sedevano nei banchi, avevano di fronte la maestra, ascoltavano la lezione, facevano i compiti a casa… e andava benissimo così, 40 anni fa però!
Oggi il mondo è diverso, un bambino di 6 anni è esposto a miriadi di stimoli in più rispetto ad un bambino di 40 anni fa, l’ambiente intorno è diverso, le esperienze sono diverse e di conseguenza anche lo sviluppo è diverso. Si pretende che i bambini vadano bene a scuola, si comportino bene e facciano i compiti e se non ci riescono il più delle volte è perchè sono “svogliati”, “distratti” o magari hanno qualche nuova forma non ancora conosciuta all’essere umano di DSA o ADHD.
Avete idea di quanti genitori mi contattano perchè qualche insegnante ha detto loro che il bambino è troppo attivo e ha difficoltà di apprendimento? Vai a scavare un po’ e scopri che al nocciolo della questione c’è solo una grande verità: sono annoiatati, terribilmente annoiati!
Un bambino annoiato è un bambino triste, svogliato, nervoso e a volte agitato. Provate a immaginare di dover giocare a dama con un bambino dell’asilo: di sicuro all’inizio è divertente perchè mordicchierà i pezzi, farà un disastro, si alzerà distratto da altre cose… ma dopo un po’, immaginate di doverlo fare ogni sacrosanto giorno per i prossimi 13 anni della vostra vita, con tanto di compiti a casa anche. Come vi sentite?
Ecco, questo è quello che prova un bambino quando va a scuola oggi, nella maggior parte delle scuole.
Un altro aspetto molto carente nella scuola oggi è l’attenzione al singolo: si pone molta cura ad uniformare, rendere tutti uguali, portare tutti allo stesso livello laddove a mio parare sarebbe più utile e intelligente fornire ai bambini gli strumenti per tirare fuori il loro talento naturale e coltivarlo. Questo la scuola dovrebbe insegnare: trova quella lucina che hai dentro e lasciala brillare, questo è il vero successo.
Ma come può un ragazzo trovare la propria tendenza, la propria unicità in un ambiente in cui si vuole invece uniformare? Si applica un metodo uguale per tutti a persone che però non sono uguali tra loro, come può funzionare bene?
Il nostro sistema educativo è basato sulle abilità accademiche e si basa su due idee:
Scarsa attenzione alla creatività e all’immaginazione perchè sono meno importanti dell’imparare a leggere e a scrivere. Ma è vero?
Essere creativi vuol dire essere originali ed essere originali vuol dire fare cose diverse gli uni dagli altri. Facendo tutti le stesse cose di sicuro magari non sbagliamo ( lo dice anche il detto “Chi lascia la strada vecchia per la nuova sa cosa lascia e non sa cosa trova”) ma cosa stiamo sacrificando?
Se non si rischia non si trova mai nulla di diverso da quello che c’è già, senza sbagliare non si impara.
Ve lo immaginate come deve sentirsi un bimbo piccolo che sta imparando a camminare? Giorno dopo giorno rischierà sempre un po’ di più e a furia di sederate in terra prima o poi riuscirà a fare i primi passi e andrà sempre migliorando. Immaginate cosa succederebbe se quel bambino avesse paura di sbagliare e pensasse “Oh no e se poi cado? e se mi rompo una gamba? e se il pavimento è troppo duro?”. Quanto ci impiegherebbe a imparare a camminare? Mooooooolto di più (sempre che ci riesca).
Perchè è proprio questo che hanno in comune i bambini: si buttano.
Se non sanno qualcosa, ci provano. Non hanno paura di sbagliare. E’ una tendenza naturale che la scuola inibisce perchè oggi è più importante fare tutto bene e giusto piuttosto che sbagliare e riprovare.
Mi sembra che la scuola anzichè preparare i bambini alla vita li prepari ad essere sempre perfetti, il che è irrealistico perchè tutti andiamo incontro al fallimento almeno una volta.
Insegnare ai bambini che sbagliare va bene è importante perchè devono acquisire quella sicurezza che provando e riprovando puoi raggiungere il tuo obiettivo, non importa quante volte sbagli e dagli errori puoi imparare.
Tra l’altro se non sei preparato a sbagliare, non ti verrà mai in mente qualcosa di originale e qui torniamo al discorso della creatività: la scuola, punendo chi sbaglia e premiando chi fa sempre bene sta uccidendo la creatività.
Questa capacità naturale che i bambini hanno di buttarsi nelle cose non dura per sempre, man mano che crescono tende a scomparire. Ed ecco che un bambino terrorizzato dagli errori sarà un adulto che avrà paura di sbagliare e che gestirà la sua azienda con questa attitudine, stigmatizzando gli errori perchè c’è troppa troppa troppa paura di fallire.
Picasso una volta disse “Tutti i bambini nascono artisti. Il problema è rimanerlo anche da adulti”
Non diventiamo creativi: disimpariamo ad esserlo o meglio ancora ci insegnano a non esserlo.
Mi auguro che il sistema scolastico cambi in fretta e si adegui alle nuove generazioni.
Mi auguro che ci si renda conto dell’importanza di valorizzare ogni singolo bambino piuttosto che uniformare e cerare di ottenere gli stessi risultati da tutto.
E mi auguro che sempre più bambini trovino la loro strada e sviluppino i propri talenti.
Nel frattempo noi possiamo fare la nostra parte, genitori e persone che ricoprono un ruolo di educatore possono favorire questo processo: mi rivolgo soprattutto ai genitori che conoscono i propri figli meglio di chiunque altro.
Aiutate i vostri figli a sviluppare la loro creatività, proponete loro attività diverse, fate in modo che in casa vostra ci sia sempre della musica, dell’arte, della creatività.
Come può un bambino scegliere la propria strada se neanche sa che esiste una strada? Aiutate i bambini a scoprire il mondo attraverso libri, giochi, corsi di arte, musica, danza, decoupage, qualsiasi cosa. E non fermatevi finchè non vedrete quella lucina negli occhi di vostro figlio. Personalmente ho cambiato almeno 10 sport prima di trovare quello che faceva per me e ringrazio i miei genitori che con tanta pazienza e buona volontà non mi hanno mai fatto pesare il fatto di aver voluto fare così tanti cambiamenti.
Il regalo più bello che possiamo fare ai bambini è dare loro il tempo di cercare,
provare e sbagliare.